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Installazione temporanea nell'area
demaniale di Riace (dune di Riace)/progetto partecipativo (work in progress)
Installazione: sette lettere tridimensionali in legno verniciato bianco, tubi
in ferro, cemento.
Serie fotografie: foto segnaletiche con cartello "free all" con lo
sfondo della bandiera della comunità europea.
Intervista di Manuela Lintl con Costantino Ciervo in merito al progetto "FREE ALL" di Riace (Calabria).
Che cosa può significare
un annuncio del tipo FREE ALL (LIBERARE TUTTI)?
Se analizziamo l'accezione di questa frase secondo uno schema che si attiene,
magari per il momento, all'astrazione, allora notiamo che il significato del
verbo è sicuramente inerente a un concetto di qualità e quello
del pronome a quello di quantità. Potremmo anche sostenere che i due
termini sono anche necessariamente complementari. Infatti, nel caso specifico
della libertà, essa non avrebbe valore semantico se non fosse di tutti:
un uomo libero in parte non sarebbe autonomo, cosi come, una comunità,
grande o piccola, semplice o complessa, dove solo una componente è libera,
non sarebbe una società emancipata. Libertà, autonomia, emancipazione
indipendenza sono concetti inseparabili. La libertà è quindi,
uno di quei casi della vita, dove la qualità assoluta non risponde alla
sua caratteristica di unicità bensì a quella di molteplicità.
La libertà non è una pietra preziosa che si cela tra tutte quelle
comuni, ma è l'insieme di tutte le pietre comuni che nascondono la pietra
preziosa.
Giorgio Gaber, cantautore impegnato di grande perspicacia intellettuale critica,
deceduto nel 2003, sintetizza il concetto di libertà in modo molto eloquente
ed efficace in una canzone ("la Libertà") da lui scritta nel
1972 in cui si sostiene: "La libertà non è il volo di un
moscone, non è un'opinione, non è stare su un albero, non è
uno spazio libero, ma è partecipazione". La partecipazione è
l'implementazione della quantità. È la quantità che si
fa democrazia operante. È sostanzialmente l'apostasia dell'unicità
aristocratica e fascistoide. Ma se la partecipazione (aggiungo di tutti) è
un presupposto dell'esercizio della libertà, allora l'esclusione rappresenta
per conseguenza logica il suo contrario.
Ma chi sono gli esclusi e cioè i non liberi?
Se accantoniamo per comodità di argomentazione l'approccio psicoanalitico
(un individuo ricco, per esempio, può essere affetto da un complesso
che lo esclude dal sentirsi felice), potremmo rispondere che lo sono più
o meno tutti i soggetti passivi della società che si ritrovano nell'impossibilità
di poter scegliere. Qui elenco alcuni casi.
Sono esclusi quelli che non amano il proprio lavoro e sono costretti a farlo
per motivi prettamente esistenziali; sono esclusi quelli che non hanno lavoro
perché ne hanno bisogno esistenziale, ma non riescono a ottenerlo; sono
escluse tutte le minoranze che dovrebbero essere rispettate dalla maggioranza
e non lo sono; sono esclusi i detenuti delle carceri che non dovrebbero essere
li, e se lo sono, dovrebbero essere reinseriti nella società e non lo
sono; sono esclusi i poveri che avrebbero diritto a una vita dignitosa e non
lo sono; sono esclusi i migranti che dovrebbero essere accolti e non lo sono
- e la lista è lunga.
A questo punto ci domanderemo da dove deriva la causa ultima di tutta questa
mancanza di libertà. Di chi è la colpa? È la natura inevitabile
delle cose o un processo storico evolvibile?
Se la risposta fosse "causa sui" e cioè causa di se stessa
(non è causato da qualcos'altro), allora che senso avrebbero avuto nel
corso della storia le schiavitù, le aristocrazie, le dittature, le monarchie,
le repubbliche, le democrazie? Tutto questo per non cambiare antropologicamente
niente? Forse, ma francamente non mi sembra. È sotto gli occhi di tutti,
per fare un esempio, che adesso il livello di emancipazione di una donna in
Europa sia ben diverso rispetto a quello di una di donna di 200 anni fa (anche
se vige ancora sostanzialmente il dominio del machismo e il processo di autodeterminazione
femminile, soprattutto nel sud, è ancora in corso).
In ogni processo storico esiste un rapporto di forza di poteri dove all'interno
di essi si diffonde come una goccia di inchiostro nell'acqua un meccanismo di
paura diffusa atto a preservare e conservazione i privilegi di chi ha il potere
di scegliere e chi no. Questo meccanismo dell'insicurezza permanente invade
tutto ed è trasversale riuscendo così a inglobare anche chi si
posiziona politicamente dalla parte degli esclusi, bloccando così il
potenziale rivoluzionario che la grande quantità degli esclusi potrebbe
mettere in atto. Ognuno ha paura del cambiamento dello status quo. Ognuno vede
in ogni cambiamento un'utopia e una minaccia alla propri a sicurezza esistenziale
anche se precaria. Ogni qual volta, nella storia che questo meccanismo è
interrotto, allora s'innesca il cambiamento accompagnato spesso da un'aspra
lotta tra il vecchio e il nuovo.
In questi anni ho sperimentato una specie di test, un casting out nines, una
prova del nove delle vere opinioni che la gente ha della libertà. Per
fare questo ho preso a pretesto la figura simbolo per antonomasia degli esclusi
nell'era della globalizzazione: l'extracomunitario. Ho domandato a tutti quelli
con cui ho avuto moto di conversare e che si definiscono progressisti se fossero
d'accordo per l'abbattimento radicale di tutte le frontiere nazionali e del
soggiorno libero per qualsiasi essere umano. La risposta è stata o, negativa,
o, in quei casi dove è stata un sì, a quest'ultimo si è
sempre aggiunto un ma. "Si, ma controllando il flusso di migrazione; oppure:
"Si, ma non gli Zingari"; o ancora: "Si, ma non funziona perché
così facendo non ci sarebbe lavoro per tutti" E cosi via
Sembrerebbe che la libertà sia un bene naturale inalienabile sulla quale
tutti vogliono essere d'accordo, ma quasi nessuno alla resa dei fatti è
disposto ad avere abbastanza coerenza e coraggio per sposarne veramente il senso.
A questo punto mi sembra chiaro che il problema della liberta è soprattutto
un problema di liberazione dalla paura. Quale è la strategia per rimuovere
la paura?
Se nel mondo della psicologia le fobie si possono risolvere con le terapie
d'urto e se la libertà fa così tanta paura allora perché
non mostrarla in tutta la sua forza simbolica? I modi e i mezzi per farlo sono
sicuramente molti. Io ne ho scelto uno a carattere visivo/plastico, perché
sono un'artista e il mio linguaggio è quello dell'estetica. Un linguaggio
per definizione non dogmatico.
La mia idea consiste in quella di installare la scritta FREE ALL in formato
monumentale (ca. 5 m x 32 m) in stile hollywoodiano tra le brulle e incontaminate
dune di argilla a ridosso di Riace, il paese simbolo dell'accoglienza e dell'interazione
(e non integrazione che è un'altra cosa) di diverse culture.
Perché Riace e non Milano che è anche piena di stranieri?
Il Sindaco di Riace Domenico Lucano e la sua amministrazione rappresentano
una realtà unica in Europa (e forse nel mondo), dove alla paura verso
gli stranieri sono state sostituite politiche virtuose di accoglienza e interazione,
per un progetto multietnico che ha restituito vitalità alla zona e vede
senza distinzione i rifugiati, insieme ai riacesi, come protagonisti della cultura
e dell'economia locale. Riace, subito dopo l'africa settentrionale, per la sua
posizione geografica, rappresenta una delle porte principali d'ingresso verso
l'Europa. Riace ha una grande tradizione storica dell'accoglienza: e qui che
una volta l'anno assistiamo alla partecipazione dei devoti Rom e Sinti della
Calabria che vengono a venerare i Santi Cosma e Damiano insieme al Beato Zeffirino;
inoltre intorno a Riace esiste un paesaggio collinare arcaico, luogo naturale
ancora intatto, adatto alla riflessione, e quindi a interagire con un tema così
profondo come quello della libertà.
Non pensi che con quest'azione gli stranieri non si sentano e vengano in
qualche modo usati?
I cosiddetti extracomunitari insieme ai riacesi saranno parte attiva del
progetto. Tutti insieme, sotto la direzione tecnica del capomastro del paese,
costruiranno e installeranno l'impalcatura e la scritta stessa. Per il lavoro
eseguito tutti saranno remunerati in modo adeguato. Il finanziamento del progetto
sarà sostenuto da donazioni private e pubbliche che io procurerò.
Sarà una specie di festa che io documenterò con del materiale
video e fotografico. Inoltre Riace vive particolarmente di agriturismo. La mia
intenzione è anche quella di far conoscere in modo appropriato attraverso
mostre e dibattiti ancora di più questo posto favoloso in modo da dare
un contributo economico indiretto.
In aggiunta, per inoltrare il nostro senso di protesta, rispetto alle politiche
italiane ed europee che sono decisamente contro l'accoglienza, ci fotograferemo
uno ad uno io, i riacesi e gli extracomunitari, tenendo in mano un cartello
sul quale c'è scritto FREE ALL e alle nostre spalle si vedrà la
bandiera a 12 stelle della comunità europea.
Ricorda molto l'iconografia usata dalla R.A.F tedesca (Rote Armee Fraktion)
e dalle B.R (Brigate Rosse) italiane con i suoi cosiddetti "prigionieri
del popolo". Non mi sembra esagerato?
No. Perché le tipologie di prigionia e d'intimidazione terroristica
sussistono più che mai, sebbene in forme, e per motivi diversi.
Perché adotti proprio l'estetica della scritta hollywoodiana?
Hollywood è un centro di professionisti che applicano tutto il loro
sapere con l'intento di produrre sogni-realtà. Per loro è importante
soprattutto la massimizzazione dell'impatto spettacolare che l'immagine può
produrre sulla retina dell'occhio umano. Ebbene la scritta in California ne
sortisce il risultato. La dimensione precisa della scritta in rapporto alle
colline e l'uso del bianco delle lettere contrasta perfettamente e contemporaneamente
con suolo e il cielo
Maurizio Cattelan nel 2001 e Monica Bonvicini dal 2006 in poi hanno già
fatto delle cose simili. Perché ripresentarle?
Non penso che siano riproposte, perché mi occupo nei contenuti di
cose alquanto diverse. Cattelan ironizza in modo sarcastico sugli stereotipi
della verità, senza andare veramente oltre, mentre l'interesse di Bonvicini
è circoscritto al machismo e alla componente sessuale che ne traspare
nello spazio dell'architettura. I miei temi riflettono i meccanismi di potere/controllo
interni ai sistemi sociali nel loro complesso/complessità e (nell'ultimo
periodo) le strategie di liberazione che ne sono la reazione. Cose simili, certo,
ma appunto diverse. A mio avviso quello che producono gli artisti (famosi o
meno) alla fine dei fatti è sempre un lavoro sinergico che fa bene alla
cultura. È dai tempi di Walter Benjamin che l'"unicità dell'opera"
e di quella ipotetica "aurea", che la dovrebbe rivestire, non ha più
senso, visto che da ca. 100 anni a questa parte viviamo nell'era tecnologica
della "riproducibilità". Inoltre ho impiegato spesso le scritte
(nel video dal 1992) e a caratteri monumentali sculturali già dal 1994.
Vorrei ricordare in particolare alle installazioni realizzate insieme o in collaborazione
con Ottmar Kiefer: "VENDESI" del 1994 sul tetto di villa Malaparte
a Capri; "IL terzo escluso" nell'abside della chiesa di S. Martino
di Lupari nei pressi di Venezia e nel 1996 "Totalitarian or Authoritarian"
sulla facciata esterna del bunker nella Reinhardstrasse di Berlino Mitte.