Costantino Ciervo

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“Here and Now“
 – 2017
Tecnica: videoscultura a 3 canali sincronizzati, 3 mini computer, 3 display, alluminio specchiante, motore elettrico, altoparlanti, amplificatore audio, elettronica, uovo di porcellana, metallo, legno. Video colore HD ca. 20 min-
Misure: 63 x 81 x 21 cm.

Nel video si vede un’aquila (animata in 3d) volare su 23 grandi città collegate direttamente una con l’altra in un unico contesto urbano e architettonico. Il volo dura, tra la prima e l’ultima città, circa 20 minuti. Allo stesso tempo, quasi in contrapposizione alla velocità dell’aquila (un aereo di linea volando sulla scia di un meridiano impiegherebbe 2 giorni), un uovo di ceramica si muove lentamente in un portauova di metallo e parallelamente al volo dell’uccello su un sistema di trasporto meccanico alimentato da un motore elettrico.
Le città in video sono: Alessandria, Barcellona, Francoforte, Hong Kong, Istanbul, Cairo, Città del Capo, New York, Mosca, Monaco di Baviera, Panama, Parigi, Pechino, Praga, Rio de Janeiro, Roma, San Paulo, Seoul, Shangai, Sydney e Tokio.

Il biologo Eugene Stoermer, premio nobel per la chimica, coniò nel 2000 il termine “antropocene”. Il termine unisce la parola greca Anthropos, che significa uomo, con la parola Olocene, usata in geologia per indicare il periodo in cui viviamo. Con il termine Antropocene si vuole specificare un’era geologica in cui le attività naturali della terra sono estremamente influenzate dall’impiego massiccio della tecnologia e quindi dall’uomo.

Un indicatore che segnala il livello storico di evoluzione dello sviluppo tecnologico e della scienza, è quello dato dal rapporto spazio/tempo.
Tanto più esso tende verso lo zero nelle interconnessioni sociali, militari, culturali, economiche e politiche del mondo, tanto più è elevato tale sviluppo. Tendenza, quella verso lo zero, che sembra accentuarsi se si osserva l’andamento esponenziale della sua curva, visto che attualmente la cosiddetta rivoluzione 4.0 ci sta portando verso una produzione industriale globale del tutto automatizzata e interconnessa.
Sembra che la tecnologia abbia preso in un certo senso il volo verso l’alto e che essa sia cosciente della sua potenzialità nell’essere in grado di contribuire a trasformare in modo decisivo il mondo nella sua interezza (qui e subito), e quindi di essere in grado di realizzare anche il sogno di un pianeta più sano, più unito, più libero dai conflitti dovuti dalle grandi differenze economiche, sociali e politiche.

Nella realtà però stiamo riscontrando proprio un fenomeno opposto: tanto più si sviluppa la tecnologia tanto più aumentano i pericolosi cambiamenti climatici dovuti al surriscaldamento del pianeta e all’inquinamento; i conflitti economici e le guerre non sono diminuiti; il divario tra i pochi ricchi e poveri nel mondo è visibilmente aumentato.

In effetti quello a cui storicamente stiamo assistendo dimostra che la tecnologia (e la scienza) è solo un mezzo il cui impatto sul mondo e sull’uomo va compreso solo se la (tecnologia/scienza) si considera in relazione ai rapporti materiali (complessi) di produzione e riproduzione economica e alla cultura egemone che la supporta.

Il fattore economico principale che garantisce la sopravvivenza del capitalismo e, quindi la netta separazione del lavoro dal capitale, la monopolizzazione del potere, la progressiva crescita del saggio di profitto, è la produttività.
Il capitalismo non potendo aumentare all’infinito le ore di lavoro vivo, limitate fisicamente alle 24 ore di un giorno, esso incrementata, per sua legge economica strutturale interna, la produttività attraverso un impiego sempre crescente della tecnologia (capitale fisso) in rapporto al lavoro vivo (il lavoratore). Una tecnologia sempre più interconnessa al cervello del lavoratore (lavoro immateriale), che a sua volte si vede costretto a essere interconnesso con il cyberspace degli hardware/software del lavoro astratto globale.

Della ricchezza prodotta dovuta dall’incremento continuo della produttività del lavoro vivo, il lavoratore superstite (non ancora sostituito del tutto dalla macchina) ne vede solo la parte minima necessaria alla sua mera sopravvivenza sociale e biologica (e questo è un fatto), mentre il grosso della torta è spartito tra i pochi ricchi della terra (le statistiche attuali lo dimostrano).
Una piccola parte della ricchezza tiene in vita un esercito costante di riserva di lavoratori (quelli sostituiti dalle macchine) che contribuiscono, con la loro miseria ed estrema flessibilità a sottoporsi allo sfruttamento feroce, e, a indebolire la forza contrattuale dei lavoratori ancora collegati-e-operanti in modo diretto con le nuove e sempre più sofisticate tecnologie. Da qui lo sfruttamento in perpetuum mobile.

La costante ricerca del profitto dei pochi costringe a una continua accelerazione dello sviluppo tecnologico e alla sua interconnessione con il lavoro vivo, ma non nel senso dello scopo liberatorio dell’uomo dalle fatiche del lavoro, o della equa distribuzione della ricchezza prodotta, bensì con lo scopo di aumentare semplicemente il profitto dei pochi e quindi il potere e controllo totale della politica a discapito della democrazia e della libertà della moltitudine dei cervelli/formiche schiavizzati e sfruttati.

Un ritmo in continua accelerazione di cui l’uomo sembra che non riesca (ancora) a sottrarsi e che è in netta contraddizione con la lentezza del tempo biologico che l’uomo necessita per conquistare i suoi spazi di autonomia, partecipazione alla vita e di godimento reale delle ricchezze prodotte.

In questo senso va affrontata un’interpretazione del lavoro di Ciervo “here and now”.