Costantino Ciervo
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Intervista di Olaf Müller a Costantino Ciervo in occasione dell'esposizione "Wahr un Falsch" (vero e falso) negli spazi della fondazione Kunst-Raum Syltquelle dell'isola di Sylt in Germania.

Olaf Müller. In una situazione di un capitalismo globale con aspetti escatologici, si pone la domanda: è l'arte con le sue prerogative di interpretazione, decodificazione, trasformazione e traduzione, non altro che un semplice specchio e riflesso di una realtà che essa stessa (l'arte) ha già da tempo definito e condannato?

Costantino Ciervo. Tu hai centrato un punto importante, complesso, che riguarda il ruolo e il potere/impotenza (secondo i punti di vista), dell'arte all'interno dei processi di riproduzione del capitale della società contemporanea nell'era della globalizzazione. Io non penso che l'arte sia un riflesso della società. Se l'arte, per dirla con Adorno, è un'autentica valenza conoscitiva, un contenuto di verità rinvenibile nella sua capacità di sfuggire ai meccanismi della società ad organizzazione statale denunciandone la spietata disumanità, allora l'arte non è specchio della realtà, ma demistificazione di essa. Il contenuto della demistificazione si esprime in una forma artistica che si differenzia totalmente dai segni perversi e banali della realtà. Questi nuovi segni possono ispirare conoscenza e quindi, a mio avviso, possono contribuire ad una contrapposizione alla reificazione dell'esistenza personale e collettiva. È chiaro che per realtà qui intendo una società le cui forze economiche riducono all'inferiorità culturale gran parte della popolazione, annullando ogni potere decisionale del singolo. Mi riferisco ad una realtà nella quale lo spirito (la cultura e il pensiero di un popolo) viene reificato e cioè diventa una merce. Una realtà dove le informazioni hanno come fine il mezzo stesso inteso come valore di scambio, e non la creatività, intesa come valore d'uso. Specifico in ogni caso che diversamente da Adorno e Horkheimer, non credo che il capitalismo attraverso le strutture gerarchiche riesca a controllare e determinare tutto. All'interno e contro questa macchina infernale, e qui faccio riferimento a Foucault ed ad Antonio Negri, c'è chi si ribella, c'è chi brama il corpo, chi ha sete d'identità e di nuovi linguaggi. Detto questo, penso che l'arte abbia la capacità di contribuire ad alimentare questa ribellione, anche se devo affermare che il luogo meno efficace per fare ciò è l'istituzione della galleria privata.

Olaf Müller. Nel lavoro "Aggressione/Regressione" assistiamo ad un attacco del mondo delle immagini o della natura (i gabbiani), al mondo delle lettere., al sistema dei segni, in definitiva un attacco al mondo tecnologico del sistema binario. Osserviamo che questo conflitto avviene attraverso una sequenza infinita e in tutte le direzioni.
Quindi attacco e contrattacco?

Aggressione/Regressione, 2005Costantino Ciervo. Noi viviamo in un mondo manicheista diviso tra io e gli altri (egoismo contro solidarietà); tra il bene e il male (la democrazia contro le culture non occidentali); tra l'omogeneità ed eterogeneità (le televisioni di Murdoch e di Berlusconi contro l'identità e l'emancipazione culturale).
Stiamo subendo in modo consapevole ed inconsapevole un'aggressione globale da parte del biopotere grazie anche all'uso improprio della tecnologia. Quest'aggressione avviene in modo mistificato all'interno di una società che ci vorrebbe informare d'essere progressista, moderna e liberale. In effetti, ci sembra di assistere ad una scienza e ad un "progresso" che sembrano penetrare ogni essere, ma ciò che può essere penetrato dalla scienza e dal "progresso" non è l'essere. La cultura e il pensiero del biopotere è estraneo all'essere, crea alienazione e cioè regressione.
A questa situazione di regressione contrattacca/attacca (i gabbiani nel video contro le lettere della tastatura pilotate dal microprocessore) chi sente il bisogno dell'eterogeneità dei corpi, della cultura, della sessualità, della sensibilità. È il contrattacco della biopolitica e del pensiero postmoderno che si muove sull'onda della Molteplicità dei bisogni che non può essere appiattita nei termini logici e razionali di vero/falso. In questo senso l'aggressione è un'espressione della regressione e dell'attacco reazionario, mentre il contrattacco è l'espressione della lotta (e spero in termini non violenti) della natura umana che non si lascia dominare definitivamente da nessun potere.

Olaf Müller. L'impiego dei paradossi mi sembra un elemento determinante nel tuo lavoro.

un Passo avanti, 2002Costantino Ciervo. L'elemento paradosso nel mio lavoro riveste in generale un ruolo sicuramente importante, esso è il punto d'incontro/scontro dal quale può scaturire quell'emozione d'autentica riflessione nei confronti dell'esistente.
Prima di rispondere sul concetto di progressione vorrei soffermarmi un'attimo su quello di paradosso. Esso si presenta a volte nella sua forma filosofica assoluta, a volte nella forma d'accostamenti d'elementi dicotomici, ambigui o contraddittori.
Nel caso dell'opera "Fortschritt", (2002) (un passo avanti, - inteso come progresso) abbiamo, per esempio, un caso classico di paradosso assoluto, cosi com'è stato definito da Zenone nella gara di corsa tra Achille e la tartaruga. I passi di un'uomo s'intravedono su uno schermo oscillante che funge da pendolo. Sebbene i piedi nel video facciano continuamente un passo in avanti essi non percorrono, da un punto di vista metaforico, alcuno spazio perché il pendolo, oscillando da destra a sinistra e viceversa, è fisso alla parete e non si muove di un millimetro.(Aporia del progresso visto come "sviluppo" statico della società).
Un altro paradosso classico lo troviamo nel lavoro "Senza titolo" del 1993 dove ci troviamo di fronte ad una tabella della verità fatta di valori "veri" e "falsi" che cambiano nel loro contrario nel momento in cui l'osservatore si presenta davanti all'installazione.


prigioniero dell'arte, 1997(Aporia della società manicheista e dell'informazione chesenza titolo, 1993 diventa disinformazione)
In altri casi il paradosso diventa ambiguità, come nel complesso lavoro "Prigionieri dell'arte"del 1997 dove l'artista (e in questo caso io) si sostituisce allo stesso Schleyer (ex nazista, poi conservatore democratico e presidente dei datori di lavoro in Germania) nella foto scattata dalla R.A.F. durante il rapimento. Un modo di dichiararsi vittima ma allo stesso tempo anche simpatizzante del terrorismo rosso nel momento in cui sul cartello "segnaletico" della "vittima" il prigioniero si definisce non prigioniero della R.A.F. bensì del mercato dell'arte, quindi in un certo senso prigioniero delle regole del mercato capitalistico. (Ruolo contraddittorio dell'arte nella società)



profit, 2004Per continuare vorrei ancora citare il paradosso di uno dei miei ultimi lavori, l'installazione/ performance "Profit" del 2004 con sette attori che distruggono una marea di nomi di multinazionali stampati su fogli di carta, usando delle macchine distruggi-documenti. Sappiamo tutti che le multinazionali sono suddivise in una miriade di nomi e sottonomi, Il fatto stesso di volerne colpire il centro distruggendone simbolicamente il nome accelera come risposta il processo d'occultamento e mimetizzazione e quindi d'inattaccabilità della multinazionale stessa che per conservare il suo dominio sulla società e sulla politica si espande capillarmente (nomi trasformati in coriandoli e sparsi sul pavimento) sul territorio attraverso una rete di succursali che cambiano continuamente connotazione, nome e segno. In quest'aporia viene tematizzata la dialettica tra il potere del capitale e l'antagonismo della moltitudine.
Nel caso di "Aggressione/Regressione" (2005) siamo di fronte ad un'accostamento d'elementi tra loro dicotomici. Da una parte il mondo digitale del microprocessore, e dall'altra il mondo analogico e naturale dei gabbiani. In questa contrapposizione esiste, a mio avviso, un punto di collisione mentale, dal quale potrebbe scaturire da parte dello spettatore un contenuto di verità, di conoscenza. I contenuti di verità e di conoscenza sono sempre progressisti perché essi sono il motore di quell'antagonismo portatore di vero sviluppo.

Olaf Müller. Il drammaturgo Heiner Müller, morto 10 anni fa, ha detto negli ultimi anni della sua vita, che la speranza sia solo dovuta ad una mancanza d'informazioni. Nel tuo lavoro esistono una miriade d'informazioni straordinarie implicite ed esplicite. Esiste per te meno speranza in relazione a più informazioni?
Speranza di sperare?


Costantino Ciervo. Il grado d'intensità della speranza è direttamente proporzionale al livello quantitativo e qualitativo dell'antagonismo globale non violento. È esso che capta, produce e dilaga vera informazione. Se è anche vero, come Paul Virilio c'insegna, che un numero indescrivibile d'informazioni viaggiano, grazie alla tecnologia, alla velocità della luce (internet, telefono, televisione satellitare, etc.), rendendo praticamente quasi impossibile ogni tentativo di verifica e d'esperienza e quindi di conoscenza, è anche vero che l'antagonismo globale sviluppa spontaneamente sempre di più in modo creativo ed intelligente nuove tecniche di selezione, apprendimento e diffusione d'informazioni con contenuti autentici di verità. Io posso capire queste affermazioni di Heiner Müller, ma non ne condivido il pessimismo. La speranza per me è tanto più presente se si fa riferimento alla nostra condizione storica attuale, dove l'essere antagonista si è spogliato di quella valenza razionalista e ideologica che in passato ci ha dato il nazismo, il fascismo e il "socialismo reale".

Olaf Müller. Un'ultima domanda. Ha a che fare con la tua esperienza sull'isola il fatto che i lavori, esposti negli spazi della fondazione Kunst-Raum Syltquelle, a me sembrino più poetici e meno criptici delle installazioni e delle opere del passato?

Costantino Ciervo.Quando mi fu chiesto di trascorrere a Maggio del 2005 un mese sull'isola di Sylt per preparare un'esposizione, non volevo andarvi. Mi chiedevo che cosa vai a fare su un'isola dove è presente solo la natura. Certo avrei preferito di ritornare a Pechino per osservare quei fenomeni della società che più direttamente hanno a che fare con il mio lavoro. Ma poi mi chiesi che ci doveva essere sicuramente un modo per trattare le mie tematiche anche se si è circondati momentaneamente solo dal mare, dal vento e dalla sabbia.
Già nei primi giorni di soggiorno decisi di integrare questi elementi naturali nella mia prossima esposizione che avrei tenuto sull'isola nella fondazione Kunst-Raum Syltquelle. A mio avviso sono scaturiti da quest'esperienza, lavori dei quali il contenuto è politico, il mezzo è tecnologico e la forma ha assunto caratteri poetici, data la forte presenza d'elementi naturali come il mare, la sabbia, i gabbiani, il tramonto etc.. I primi due punti, quello politico e tecnologico, caratterizzano il mio lavoro in generale, mentre la forma dipende dallo spazio fisico circostante nel quale e dal quale scaturisce l'opera. In questo senso, questi lavori, anche se al primo aspetto sembrano "poetici", essi nascondono una valenza criptica che potrebbe indurre a riflettere in modo critico i fenomeni che riguardano l'uomo e la società capitalistica